Infatti, “nel momento in cui il Progetto Urbanistico diventa ‘Strumento Urbanistico’, ‘Piano’, ‘disciplina del territorio’, e dunque assume efficacia normativa e quindi una efficacia giuridica (con il che non sono più consentiti interventi in contrasto con la disciplina da esso adottata, altri piani o progetti devono rispettare le sue previsioni e così via) dunque, da questo momento il disegno progettuale diventa ‘norma’ e per questo esplica degli effetti nei confronti della proprietà privata, che sono gioco-forza ‘conformativi’: altrimenti quel ‘piano’ è solo una dichiarazione di intenti, uno schema progettuale e, infine, nulla che incida sui rapporti giuridici ed economici e men che meno sulla disciplina del territorio.
In altri termini, la definizione del contenuto della proprietà privata, e delle facoltà concesse al proprietario, è funzione tipica della pianificazione urbanistica, che disciplina categorie di beni, ‘conformando’ il diritto di proprietà, cioè determinandone la specifica ampiezza di contenuto.
Come è stato giustamente osservato, la disciplina urbanistica è una fonte di produzione dello statuto della proprietà edilizia, perché se è la legge che determina in astratto le diverse tipologie di intervento sul diritto di proprietà, in concreto il regime del singolo bene viene ‘conformato’ solo dall’atteggiarsi e dagli esiti del procedimento di piano.
Negare tale efficacia al piano, significa negargli la possibilità di produrre effetti. (…)
Agli effetti pratici, pertanto, il PSC-RUE sarebbe ridotto a un ‘non-piano’, e sarebbe conseguentemente in pericolo tutto il sistema applicativo delle misure di salvaguardia.” (Così Fabio Dani; “Piano Strutturale Comunale. Conformatività e Salvaguardia” e “Il PSC ed il POC. Efficacia giuridica ed effetti fiscali”. Documentazione reperibile sul sito-portale ufficiale della Regione Emilia-Romagna).
In particolare, poi, si rileva, ai sensi delle succitate disposizioni di legge, che tutti gli strumenti attuativi (da quelli preventivi, i Piani Particolareggiati…, a quelli abilitativi, i Permessi di Costruire e DIA…) finalizzati ad interventi di trasformazione del territorio sono comunque soggetti all’applicazione delle misure di salvaguardia, e pertanto non è sufficiente che siano rispettate le “disposizioni prescrittive” di cui al Titolo II delle norme di PSC, poiché tali strumenti devono essere conformi alle previsioni dei piani adottati.
Quindi non può che essere viziata da illegittimità la norma transitoria che elude l’obbligo legale di soprassedere su tutte le istanze di trasformazione del territorio in contrasto con il nuovo strumento urbanistico (ovvero con le Tavole Grafiche e/o con le Norme Scritte) applicando le misure di salvaguardia di cui alla legge n. 1902/52 e, allo stesso tempo, ne ‘fa salvi’ una parte.
Questo è quanto da un punto di vista strettamente normativo, giuridico e consolidatamente giurisprudenziale; a tal proposito rimango ancora in attesa che da parte Sua sia prodotta, se esiste, una giurisprudenza con indirizzo diverso da quella da me esaminata e che possa suffragare senza dubbi interpretativi le tesi della A.C. sostenute nella Sua risposta.
Sotto un diverso profilo, si rende poi doveroso considerare i deleteri effetti sociali dovuti alla altrettanto evidente ed altrettanto illegittima sperequazione e disparità di trattamento nei confronti dei cittadini riminesi.
Cioè come dire che l’urbanistica riminese, nonostante un tanto blasonato ‘nuovo corso’, consente ad alcuni di continuare a cementificare selvaggiamente by-passando le norme nazionali e regionali per vie traverse nella totale invisibilità per la maggioranza dei cittadini riminesi (tra le tavole di PSC-RUE non vi è traccia delle possibilità edificatorie, con essi sia conformi che non-conformi, provenienti dalle schede del vecchio PRG, molte delle quali, a due anni dalla adozione dei nuovi strumenti urbanistici saranno già in via di realizzazione o di ottenimento di Permesso di Costruire), e condanna altri ad essere sacrificati sull’altare della propaganda.
Alla luce delle suesposte considerazioni, per quanto concerne la “non-prefigurabilità di esclusioni o deroghe all’istituto della salvaguardia dell’art. 1.13 del PSC”, come da Lei affermato,
- riguardo al punto 1)
Lei sa bene che tra i principi della buona amministrazione vi sono anche quelli della responsabilità e trasparenza, che si esplica nei confronti di tutta la collettività e risponde alla generale funzione di controllo che il cittadino deve poter esercitare nei confronti dei titolari del potere pubblico; quelli di celerità e semplificazione dell’azione amministrativa che rispondono al generale principio dell’efficienza della pubblica amministrazione.
Tali principi sono espressamente dichiarati nell’art. 1 della L. n. 241 del 1990 che afferma al primo comma: “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e trasparenza nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”.
Se “taluni atti dell’A.C. sono stati ‘valutati’ conformi ed assunti come contenuti del piano, sono ‘preventivamente’ dichiarati ‘non in contrasto’ con gli altri aspetti del PSC”, ebbene tali atti sarebbero dovuti essere riportati graficamente sulle tavole di PSC-RUE (Lei dimentica sempre il RUE in adozione contestuale a quella del PSC), con colorazioni o retinature apposite riportate in legenda, o con apposite Tavole di recepimento quantomeno tra quelle del RUE (sulla scorta ad es. della Tavola D.1 del Quadro Conoscitivo), rendendoli così legittimi e soprattutto ben evidenti alla collettività riminese senza obbligarla, in caso di necessità di verifica o di semplice constatazione della realtà urbanistico-edilizia del nostro territorio, a defatiganti e/o costose ricerche nei meandri di molteplici documenti normativi di centinaia di pagine; questo appalesare ‘ictu oculi (a colpo d’occhio)’ la nuova pianificazione sarebbe davvero stata ‘in ossequio ad un principio di coerenza logica e sistematica e di non contraddizione in relazione al complessivo operato dell’ Amministrazione’. Attualmente, invece, si ha la netta impressione di essere alle prese con un intricato quanto bizzarro ‘sratagemma’ degno del manzoniano ‘Azzecca Garbugli’, o, peggio, con una sorta di ‘gioco delle tre carte/campanelle’. Comunque i nodi stanno venendo al pettine.
Risulta facilmente smentibile anche la Sua affermazione che, relativamente agli strumenti attuativi preventivi/abilitativi, ‘non sarebbe stato corretto riportare compiutamente tali contenuti di dettaglio nel PSC (Lei dimentica sempre il RUE in adozione contestuale a quella del PSC) poiché ciò sarebbe stato in contraddizione con la natura strutturale e non conformativa di questo strumento’. Riporto qui la opposta affermazione data da:
Ordinanza del Consiglio di Stato n. 5763/2006
“Ritenuto che l’appello appare assistito da consistente fumus in ordine alla non denegabile efficacia conformativa del PSC, di cui alla L.R. ER n.20 del 2000;
Ritenuto che dall’esecuzione della sentenza possono derivare danni gravi ed irreparabili;
P.Q.M. Accoglie l'istanza cautelare e, per l'effetto, sospende l’efficacia della sentenza impugnata (TAR ER-Bologna n. 609/2006).”;
che afferma appunto la natura conformativa del PSC, ove per definizione di ‘conformazione’ si intende quella data, tra le più recenti, in Cons. di Stato n. 382/1998.
- Riguardo al punto 2)
Riporto testualmente in ALLEGATO parte della
Circolare della Regione Emilia-Romagna Prot. PG/2010/23900 del 01/02/2010
che nel suo Allegato - Indicazioni illustrative delle innovazioni in materia di Governo del Territorio introdotte dai Titoli I e II della L.R. ER n. 6 del 2009
all’ Art. 3.6. fornisce chiarimenti più che esaustivi.
In conclusione, volendo dare per scontata la buona fede della A.C., si evince comunque ed inequivocabilmente che essa, nel voler sancire uno ‘stop al mattone’, si comporta come colui che vuole “fermare l’acqua con le mani” quando bisognerebbe fare una diga.
Mi sento quindi in dovere di ribadire che nonostante le tante chiacchere, alla verifica dei fatti la A.C. di Rimini non si è incamminata nella giusta direzione per dare rapidamente alla cittadinanza una tanto sospirata nuova strumentazione urbanistica effettiva ed efficace, come prevede da più di un decennio la L.R. ER 20/2000.
Si stanno ancora sprecando tempo e risorse per una Variante ‘monca’, ed agli effetti pratici inutile, ad un vecchio PRG, o per fantasiosi esercizi grafico-pittorici come il Masterplan, che nella situazione attuale non può, di fatto, sortire a nessuna nuova previsione in assenza di PSC-RUE approvati.
Se aspettiamo ancora un po’ ad agire nella giusta direzione, andrà a finire che “il tacchino sul tetto vi cadrà sulla testa e fuggirà dall’aia, ed il passerotto nella mano volerà via”.
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