La scoperta dell’Anfiteatro Romano di Volterra sia esempio per Rimini candidata a Capitale Italiana della cultura.
05/02/2024

E’ avvincente la storia dell’Anfiteatro Romano di Volterra: soprannominato “l’Anfiteatro che non c’era”, perché nessuna fonte storica ne faceva cenno e nulla faceva ipotizzare che, a Volterra, sotto una collina verde da quasi 2000 anni, ci fosse un Anfiteatro Romano.

E’ stato scoperto casualmente nell’estate del 2015, durante lavori di ripristino idrogeologico, con il rinvenimento di un muro curvo.

Grazie ai primi sondaggi e agli scavi, tutt’ora in corso, è stata programmata la ricostruzione storica del monumento: la scoperta è stata definita straordinaria, con rilevante eco mediatico.

L’Anfiteatro risale al I Secolo d.C, le sue dimensioni sono di 82 metri l’asse maggiore e 65 metri l’asse minore, la cavea con tre ordini di gradinate capace di accogliere 10.000 spettatori.

Fino ad oggi, sono state condotte 7 campagne di scavi, con l’ultima avviata nel mese scorso, che entro due anni, porteranno alla luce, il monumento nel suo complesso.

E’ stata aperta anche una pagina Facebook, “l’anfiteatro che non c’era”, per consentire a tutti di seguire, passo dopo passo, i ritrovamenti e la valorizzazione.   

Lo scavo, il restauro e la valorizzazione dell’Anfiteatro Romano di Volterra, sono stati sostenuti dai finanziamenti degli Enti locali per circa 1 milione e mezzo di euro e del Ministero della Cultura per 7,5 milioni di euro.

L’entusiasmante scoperta e valorizzazione, in dieci anni, dell’Anfiteatro Romano di Volterra, rende ancor più ingiustificabile lo stato dell’Anfiteatro di Rimini, la cui riscoperta è “negata” da 80 anni.

L’Anfiteatro Romano di Rimini, risale al II secolo d.C. con l’asse maggiore di m.117 e il minore di m.88, capace di accogliere 10.000-12.000 persone, è stato scoperto nei sondaggi del 1843-44 dello storico riminese Luigi Tonini, e  riportato parzialmente alla luce, con la campagna di scavi svoltasi dal 1926 al 1939 sotto la Direzione del Soprintendente alle Antichità, Salvatore Aurigemma.  

Dopo i bombardamenti del novembre 1943, distruttori delle arcate    restaurate, nel 1946, sopra l’Anfiteatro romano, si è insediato l’Asilo Svizzero (Ceis) con 13 capanne il cui collocamento doveva essere “temporaneo”; nei decenni successivi, sono stati costruiti edifici addirittura in muratura, inammissibili e incompatibili con i vincoli del 1913 e del 1914 di tutela dell’area archeologica.

Le Amministrazioni Comunali, non hanno mai rispettato gli impegni assunti nel 1946 di liberare l’area archeologica dell’Anfiteatro, hanno adempiuto alle reiterate richieste delle Soprintendenze di trasferire il Ceis in un’area idonea, per consentire il recupero e la valorizzazione dell’Anfiteatro Romano.

Non sono state attuate neppure le previsioni degli strumenti urbanistici PSC-RUE e del Piano Strategico che stabiliscono per l’Anfiteatro ”il completamento degli scavi e la valorizzazione dei resti archeologici di epoca Romana, attraverso la demolizione degli edifici sovrastanti”.

Dopo 80 anni di preclusione ideologica da parte delle amministrazioni di centrosinistra, in cui hanno fatto eco solo dichiarazioni negazioniste: “sotto il Ceis non c’è nulla”, “il Ceis non si tocca”; aspettiamo che siano effettuati i sondaggi, annunciati, un anno fa, dal Sindaco, d’intesa con la Soprintendenza, per verificare che sotto il Ceis, l’Anfiteatro Romano c’è!

Per coerenza con la candidatura di Rimini a Capitale Italiana della cultura 2026, è ora di ripartire dagli scavi di Aurigemma, scoprire finalmente i resti archeologici sovrastati dal Ceis e la dimensione della struttura originaria dell’Anfiteatro Romano, per consentire a Riminesi e turisti la conoscenza e fruibilità pubblica del Monumento d’importanza storica, con potenziale richiamo internazionale.

 
 

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